18 Nov SEBASTIÃO SALGADO. AMAZÔNIA. MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma
Fino al 13 febbraio 2022
TESTIMONIARE LA BELLEZZA ASSOLUTA IN 200 FOTO
Non è la prima volta che il grande fotografo ci regala la bellezza ancora palpitante dell’Amazzonia. Questa volta sono 6 gli anni trascorsi con la moglie Lélia Wanick Salgado, che cura la mostra, trascorsi in paradiso: cioè in ciò che resta dell’antico e perduto amore tra uomo e natura, tra foreste ed acque, tra animali e fiori e ruscelli e alberi e albe e tramonti! 200 foto al MAXXI per costringerci a capire come abitare significhi custodire, così come fanno ancora oggi le popolazioni indigene, intoccate e resilienti a quanto e quanti vorrebbero impadronirsi di tanto splendore. “Bisogna scegliere un soggetto che si ama. Queste foto sono nate perché ero convinto di essere in paradiso e avevo il dovere di testimoniare tutta quella bellezza. Serve un’identificazione totale, serve il cuore, altrimenti manca tutto”. La foto è politica? Certamente sì. Tutti sanno che la minaccia incombe: dai cambiamenti climatici, dalla deforestazione, dall’emarginazione delle tribù rimaste. Non una traccia musicale quella che accompagna la visita, ma un intervento sonoro di Jean-Michel Jarre che avvicina alla rigogliosa vegetazione del Rio delle Amazzoni, al fruscio degli alberi, allo scroscio dell’acqua, al fremito d’ali degli uccelli. Un invito al mondo, a chi può o potrebbe, a passare dall’empatia all’azione concreta per rendere incontaminato quel mondo oggi sotto attacco. Ci sono volute molte spedizioni, ben 18, formate da piccoli gruppi di 10 persone circa, per arrivare in luoghi mai raggiunti e visitati dagli occidentali. Oltre al paesaggio naturale, la poesia di questa rassegna, ciò che stupisce e meraviglia, sono gli scatti dedicati alle comunità indigene, alla loro armonica tranquillità depositaria di saperi millenari altrove sconosciuti. Aprendo gli occhi sull’Amazzonia si riesce a comprendere cosa significhi etica della natura, sempre in bilico tra potenza e fragilità. Sin dal momento della sua ideazione, afferma Lélia Wanick Salgado,volevo ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immergersi sia nella sua vegetazione rigogliosa, sia nella quotidianità delle popolazioni native”. “Lì è tutto suono e rumore: ho adorato quel viaggio con mio marito, come perdermi tra grandi alberi, tanta acqua, fiumi e cascate, sentire la Natura in tutta la sua potenza. Ho voluto così pensare e realizzare questa esposizione romana come se fosse un viaggio, allestendola in grandi ambienti in cui a dominare è il buio con una luce che, quando c’è, è puntata soltanto in direzione delle fotografie”. La mostra si sviluppa in spazi che ricordano le ocas, le tipiche abitazioni indigene, evocando in tal modo i piccoli e isolati insediamenti umani nel cuore della giungla. Un allestimento già encomiabile di suo, dove al nero del buio, si alternano il grigio delle pareti e l’ocra rossa di quelle ‘capanne’. Quello dei “Salgado’s” – perché lavorano sempre insieme anche se a firmare le foto è solo lui – è un vero e proprio invito a sentirsi dentro la foresta, tra quanti non avevano mai conosciuto nessuno!
“La responsabilità della distruzione dell’Amazzonia riguarda il pianeta intero, perché quello è uno spazio minacciato da troppi anni, complice un governo terribile che non rispetta nulla. I problemi c’erano già prima del presidente Bolsonaro, una persona orrenda che non rispetta l’ambiente né gli indios. Per questo difendere l’Amazzonia significa difendere l’intero pianeta”.
Info: MAXXI
Didascalia dell’immagine in alto: Rio Negro, Stato di Amazonas, Brasile, 2019
Lélia Wanick Salgado e Sebastião Salgado
Giovani donne Suruwaha. Stato di Amazonas, Brasile, 2017
Arcipelago fluviale di Mariua. Rio Negro. Stato di Amazonas, Brasile, 2019
Sciamano Yanomami dialoga con gli spiriti prima della salita al monte Pico da Neblina. Stato di Amazonas, Brasile, 2014
Rio Jau. Stato di Mazonas, Brasile, 2019
Giovane donna Ashaninka. Stato di Acre, Brasile, 2016