13 Mar San Francesco e il lebbroso. Spiritualita’ in un affresco. Convento e Chiesa San Francesco, Matelica
CONVENTO E CHIESA PARLANO DI GUARIGIONE
Matelica sorge al centro dell’Alta Valle dell’Esino, circondata ad est dalla catena del Monte San Vicino e ad ovest dall’Appennino Umbro-Marchigiano. L’antico nome della città era Matelica. Prima insediamento piceno, fu poi cittadina romana, di cui restano una domus e vari mosaici ancora visibili. Molte le bellezze artistiche di questa operosa città, con una delle più belle piazze delle Marche. Di rilievo alcuni antichi palazzi (del Governo, Ottoni, e Comunale); un pregevole Teatro, un Museo (Palazzo Piersanti) e il notissimo orologio solare denominato “Globo di Matelica”. Ma, come è consuetudine dello storico dell’arte Giancarlo Mandolini e della giornalista Loredana Cinti, andiamo a scoprire rarità e gioielli comunque collegati alla spiritualità e al culto religioso. Siamo quindi oggi a Matelica, che è stato ed è un centro di importanti realtà industriali (il che ha consentito di investire in manutenzione e recupero di beni storici), per una ulteriore sosta di riflessione e di studio; siamo ancora una volta alla scoperta di ciò che è bello ma, soprattutto, di ciò che merita una “rivalutazione” anche critica. Con l’audio intervista della Cinti a Mandolini, entriamo con attenzione e sorpresa nel Convento di San Francesco dei frati Minori della Marca dove, nel presbiterio della chiesa ci appare con tenue aggressività il sorprendente affresco SAN FRANCESCO E IL LEBBROSO, databile attorno al 1300; purtroppo solo una parte, seppure ampia e consistente. L’incontro è paradossalmente difficile per il Santo, una sorta di incontro scontro, sottolinea Mandolini, con il suo passato. E sono proprio la leggerezza, la quasi fragilità dell’opera che evidenziano lo stupore del Santo davanti ai suoi anni giovanili. Infatti il ragazzo di Assisi, che con slancio scende da cavallo, si avvicina al lebbroso, l’abbraccia e lo bacia, è immerso in una cromia per buona parte celeste; mentre il volto del lebbroso, che appare spaventato e dubbioso, tende ai toni del rosso e del marrone. E’ certamente questo l’episodio nella vita del Santo che da inizio alla sua conversione, così come riportato da San Bonaventura. L’antico affresco non è integro. Purtroppo spazi coperti da improvvide imbiancature succedutesi nei secoli, ne limitano l’originale estensione. Probabilmente si sono verificate anche martellature e coperture in calce viva, come d’uso quando si verificavano episodi tragici e non arginabili come le famose “epidemie”. Anche molte pareti interne alla chiesa sono state evidentemente imbiancate.
FOTO IN ALTO: DALL’ARCHIVIO PERSONALE DI GIANCARLO MANDOLINI
Ascolta l’audiointervista di Loredana Cinti