Nanni Moretti, più spiazzante che mai con il suo Habemus Papam

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Nanni Moretti, più spiazzante che mai con il suo Habemus Papam

nanni_morettiAmarezza e solitudine per l’ultimo film, tenuamente comico, tendente al cattivo, di Nanni Moretti. Con “Habemus Papam”, anche molte risate, che però ti mettono una sottile angoscia piena di interrogativi. Il Papa morettiano (il cardinale Melville interpretato da un bravissimo Michel Piccoli) non si sente all’altezza del ruolo che Dio ha deciso per lui; così come i cardinali riuniti in conclave non accettano di riconoscere di aver scelto l’uomo sbagliato. E questo, sembra d’intuire: una non accettazione, un disconoscimento del limite umano. Non tanto perché si tratta di volontà divina e quindi trascendente dal reale e dal razionale, ma piuttosto perché la macchina organizzativa non si può fermare, ma neppure inceppare. Questa prassi comportamentale è applicabile a qualsiasi modello di organizzazione gerarchica e di potere: economica, sociale, culturale, ecc.
Questa è la sensazione dominante che ti segue per tutto il film: non ce la facciamo, non vogliamo, non abbiamo la forza sufficiente… ma la scelta è già stata fatta e non si può uscire dal ruolo. Chi non ha mai vissuto attimi di inadeguatezza, di incertezza, di paura degli altri ma anche di se stesso? Il dilemma o gioco del rifiuto di una realtà che non ci appartiene vale per chiunque ed è forse la forma di nevrosi, piccola o grande, temporanea o permanente, con la quale in molti conviviamo.
Non è quindi un film sul Papa e sulla Chiesa; non è un film politico, non in senso tradizionale.
E’ un interrogativo sull’oggi e sull’attualità di una cosiddetta civiltà occidentale, rimasta vagamente opulenta, forse in via di una palese seppure lenta decadenza.
Decadente è la psicanalisi, così come vissuta dalla coppia di psicoterapeuti in crisi matrimoniale e non solo Moretti-Buy, decadente ed insincera la TV (ma a volte affettuosamente legata ad immagini ormai nel cuore di tutti fedeli e non, come Piazza San Pietro gremita e con la fumata bianca o nera… per l’ “Habemus Papam” anche quando il papa non c’è o non vuole esserci). Teneramente decadenti, ma con il rispetto umano per l’avanzare degli anni e per le evidenti buone intenzioni, i cardinali, le stanze vaticane (girate altrove ma con grazia e realismo), la colazione, le suorine…
Tutte immagini amate e collocate nella coscienza e nella memoria collettiva anche dei non credenti.
Ma in questo film non esiste, più di tanto, questa, differenza. La forza della fede, così come quella della laica ragione, non si scontrano, perché entrambe sono in evidente e commovente crisi di identità: incapaci entrambe di risorgere dalle proprie secolari (troppo secolari o secolarizzate?) ceneri
Il tutto all’ombra dell’impetuoso Michelangelo della Cappella Sistina che, già alcuni secoli fa, provò ad umanizzare il Giudizio Universale, perdendo la partita con Papi e cardinali che misero le braghe ad alcuni dei santi dipinti.
Certamente un film da vedere.

Redazionale

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