29 Ott mostra ECCE HOMO. Nota del Curatore
La mostra mescola temi ed epoche attraversando il secondo Novecento e i primi anni del Duemila guidato dalle opere dei principali scultori di figura, da Arturo Martini e Marino Marini a Baj, Vitali, Vangi, Cucchi, Marotta, Cavaliere, Trubbiani, Paladino.
“Un piccolo omaggio ad Arturo Martini apre la mostra. Martini muore nel 1946 ed è uno spartiacque importante per il concetto di scultura, non solo nel nostro paese. Ordinata per tematiche e richiami, l’esposizione si muove negli spazi riordinati della Mole, mescolando i temi e le epoche perché l’osservatore impari a costruire un rapporto personale con i lavori degli artisti, senza sovrastrutture critiche o storiografiche. I piccoli ma ricchi lavori in ceramica degli artisti di Corrente rimettono al centro del discorso il colore come impegno politico e trovano nella ceramica di Albissola un rifugio (anche fisico) negli anni della guerra. Il tema principale dell’esposizione è la figura, declinata dagli anni postbellici fino ai giorni nostri. Importante dunque la scelta di Messina, che insegna in accademia e rappresenta l’idea di un mestiere legato al passato. Altri colleghi stanno già guardando altrove e da qui ci si muove per l’indagine. Non è importante il medium utilizzato, ma il racconto che mette al centro l’uomo e le sue complesse declinazioni esistenziali e sociali, così dalla Scacchiera di Baj che si relazione con Duchamp si può arrivare a Ruffo, con un mappamondo che segna lo stato contemporaneo e il tempo presente, oppure Vitali con una mongolfiera che chiede di poter volare. Alcuni autori sono chiamati a delineare un momento storico, come Baj, con la grande scacchiera piena di personaggi, un omaggio a Duchamp, di cui era amico. Si intende anche rilevar la posizione degli scultori che negli anni sessanta incidono maggiormente nel campo figurativo, Bodini, Perez e Vangi come nucleo di una posizione determinante negli anni della ricostruzione. Si toccano però anche gli ambiti dell’arte povera, della scuola romana, per arrivare poi a Paladino (esposto da solo), come elemento di unione fra rivoluzioni minimaliste e poveriste e ripresa della tradizione. Fino ai più giovani scultori oggi quarantenni ma ormai ampiamente emersi sulla scena internazione come Viale, e Piccoli fino al più giovane Fanari presente con un lavoro in ferro intrecciato. Ma l’anima della mostra è data da alcuni elementi importanti, come i Savi in pietra di Melotti, mai usciti da Milano oppure le grandi installazioni di Marotta che con l’omaggio al Mare e alla pioggia mette l’osservatore in condizione di vivere emozionalmente lo spazio della mole. Anche la grande scultura di Alik Cavaliere, opera restaurata e per la prima volta riallestita dalla morte dello scultore, si pone come perno caratterizzante del percorso, che presenta l’unicum di Trubbiani, maestro anconetano che è omaggiato con una storica opera ambientale in cui un esercito di ratti prende possesso dei sotterranei.”
Flavio Arensi