20 Dic MAX ERNST. Palazzo Reale, Milano
Fino al 26 febbraio 2023
UN UMANESIMO SURREALE E IRRIPETIBILE
“Chi ha occhi per vedere, guardi. Chi non ha occhi per vedere, se ne vada”. Questo era il consiglio di Max Ernst (1891-1976), ormai in età matura, a 75 anni. Che resta certamente valido anche oggi per chi visita la mostra a Palazzo Reale. Il consiglio, quindi, appare valido ancora oggi, nel registro della acuta ironia che traspare da tutta la sua opera, abbandonandosi a scrutare un mondo brulicante di dettagli, foriero del grande Novecento, dal dadaismo al surrealismo, dall’art brut fino all’espressionismo astratto americano. E’ la prima retrospettiva italiana a toccare 70 anni di carriera. Circa ottanta dipinti, collage, grafiche, sculture, fotografie, gioielli, libri; un itinerario in 400 opere e 9 sale tematiche, al piano nobile. E’ questo un momento di nuova popolarità del surrealismo, sottolineata anche dalle recenti mostre dedicate dalla Tate Modern al London Design Museum o alla Biennale di Venezia. Profondo conoscitore e interprete della storia dell’arte, della filosofia e della scienza, Ernst appare come un umanista in senso rinascimentale dove la spinta artistica creativa si fonde con le altre discipline del sapere e all’amore per le tracce del passato unito ad una rielaborazione del mondo e dell’attualità contemporanea. Sovvengono obbligatoriamente i primi anni Venti del Novecento, quando la fuga nel sogno ricomponeva un paesaggio di rovine e aspirava a guarire l’anima dagli orrori della Prima Guerra Mondiale, come dai tragici esiti dell’epidemia spagnola. Come riconosce Jürgen Pech, uno dei più grandi conoscitori della sua opera, fondamentale è il rapporto tra parola e immagine, in quella fucina di sperimentazione letteraria del surrealismo, ancor più che artistica. “Anticipatore e trend setter, in cerca costante di una sfrenata libertà ed estraneità, anche dalla sua opera stessa“. E’ tra i fondatori del dadaismo (Colonia, 1919). Mentre la sua permanenza sul collage, al confronto con le realizzazioni urlate e politiche dei colleghi, è più raccolta, introspettiva. L’opera di Giorgio De Chirico lo scuote e lo introduce alla finzione scenica, quasi teatrale. Magnifico esempio, da non perdere e da studiare, uno dei capolavori in mostra, è “Il bacio” del 1927 e “Angelo di fuoco” del 1937. Dipinto due anni prima del Manifesto stesso del Surrealismo, è l’Oedipus Rex, del 1922. Visse intensamente e fu compagno e amico di alcune tra le artiste e intellettuali più importanti e affascinanti del tempo: da Peggy Guggenheim a Leonora Carrington e Dorothea Tanning. A New York trovò l’azzurro alto della libertà e della sperimentazione; mentre dall’erotismo trasse una sorta di anti-naturalismo metamorfico, che anticipava il mai chiuso dibattito sulla fluidità di genere. Nel 2022, quando tutto viene costretto e forzatamente arginato dalla semplificazione (forse obbligata anche dai nuovi media), Ernst resta una meravigliosa complessa, brulicante, chiassosa e spirituale al contempo, realtà valoriale; sia per l’estetica artistica che per la mente. Da non dimenticare il validissimo e coinvolgente Catalogo Electa.
Info: Palazzo Reale
Didascalia dell’immagine in alto: Max Ernst, L’angelo del focolare, 1937
Max Ernst, Oedipus Rex, 1922
Max Ernst, Gli uomini non ne sapranno nulla, 1923
Max Ernst, La festa a Seillans, 1964