18 Set La danza, scultura del corpo. La fotografia di Emanuela Sforza
La danza, scultura del corpo. La fotografia di Emanuela Sforza
Biblioteca Comunale di Storia dell’Arte,
Montemerano (Grosseto)
Fino al 19 ottobre 2014
Maurice Béjart guardando le disse:
“Io danzo, tu vedi”
La comunicazione degli aspetti emotivi, l’espressione di quel momento realmente magico in cui gesto e spazio divengono un intreccio solo nel linguaggio della danza, la capacità di saper cogliere il momento esatto dello scatto, sono solo alcuni punti di riferimento della ricerca fotografica ed artistica di Emanuela Sforza.
Marchigiana di origine, ma bolognese di adozione, protagonista della fotografia di danza, inizia a fotografare dal 1976 nei più importanti teatri immortalando le grandi étoiles internazionali come Paolo Bortoluzzi, Luciana Savignano, Marga Nativo, Carla Fracci, Jorge Donn, Daniel Lommel, Carolyn Carlson, Rudolf Nureyev, Amedeo Amodio, Antonio Gades.
La sua prima grande mostra ” Cinderella ” con Luciana Savignano e Paolo Bortoluzzi, interprete e coreografo, venne allestita nel Ridotto dei palchi del Teatro alla Scala, nel marzo / maggio del 1977 nella ricorrenza del Bicentenario del teatro. Alla quale fece seguito una preziosa monografia con le immagini delle opere esposte edita dallo stesso teatro. A questa prima mostra ne sono seguite in ambito nazionale ed internazionale numerosissime altre, con riconoscimenti e premi.
Emanuela afferma: “la danza è cresciuta dentro di me. Sono stata affascinata dall’essere umano che danza che comunica un messaggio con un linguaggio gestuale”. Il suo obiettivo privilegia e scruta a fondo la fase di costruzione del balletto per individuare lo spazio creativo dell’artista teso ad ottenere dal gesto e dal movimento il massimo della resa spettacolare. Penetra profondamente in ogni espressione, quasi a fermare “bloccare” la figura nel momento preciso in cui modella il movimento. Si veda ad esempio il gesto plastico e l’intensa espressione di Luciana Savignano nel “Bolero” di Maurice Ravel, con la coreografia di Béjart al Teatro alla Scala nel 1980. La figura si staglia dal fondo con un gesto scultoreo di perfetta ponderazione dove gli arti superiori ed inferiori sono perfettamente in chiasmo cioè contrapposti nella loro tensione.
L’espressione ed il gesto di queste fotografie, ci riconducono ad un tempo mitico e rituale della danza, alle sue origini sacrali, arcaiche, a quei canoni, a quelle leggi che sottendono tutte le armonie dell’arte del danzare.
Nel “Duo – I Vincitori” Luciana Savignano e Daniel Lommel, sono fotografati all’interno di un fascio di luce, nella coreografia di Béjart al Teatro Comunale di Modena nel 1980. La figura femminile è raccolta mentre il danzatore le è accanto in piedi, in piena luce simile ad un atleta greco paludato: altero, stante con i muscoli tesi a suggerire un possibile movimento in potenza con il panneggio che gioca sul suo corpo, come se fosse la scanalatura di una colonna dorica. Così Paolo Bortoluzzi nelle prove per “Nomos Alpha” al Teatro Quirino di Roma nel 1976 è fotografato con un gesto aulico della mano portata in alto, che suggerisce grande leggerezza, mentre il viso ha una espressione intensa, ieratica.
Queste sono le emozioni che Emanuela Sforza ci comunica con le sue fotografie, non a caso Maurice Béjart guardando la sua produzione artistica le disse questa frase emblematica: ” Io danzo, tu vedi “.
Così Luciana Savignano e Jorge Donn, con il Ballet du XXe siècle in “Ce que l’amour me dit” eseguito a Madrid nel 1978 sono fotografati in una visione di insieme, con le figure in primo piano diversamente illuminate: ci ricordano la decorazione plastica del frontone occidentale del Tempo di Zeus ad Olimpia.
E’ proprio la figura della Savignano in prima fila, ed in piena luce, che apre come Apollo il braccio destro alzato a squadra…
Nel balletto “Le Trio” la danzatrice e coreografa Carolyn Carlson, viene fotografata mentre danza con un suo doppio al Teatro Nazionale di Milano nel 1979, le figure plastiche femminili sono fluide quasi eteree, ci rimandano ai cortei ed alla modellazione dei bassorilievi classici.
Sono rigorosamente in bianco e nero tutte queste fotografie, che si potranno ammirare alla Biblioteca Comunale di Storia dell’Arte di Montemerano. Il “suo” bianco e nero è fortemente contrastato, con numerosissimi passaggi di gradazioni e di toni, che modulano le figure ed accentuano la plasticità ed il movimento. La qualità delle fotografie va anche ricercata nell’uso di diverse macchine fotografiche analogiche e dei relativi obiettivi per ottenere uno scatto perfetto. Senza dimenticare le lunghe ore trascorse da Emanuela nella camera oscura, vestale di quella fase importantissima dello sviluppo dei negativi e della stampa delle immagini fotografiche nell’acido delle bacinelle, in attesa del formarsi del
bianco e nero perfetto. Fondamentale la scelta della carta sensibile ritenuta più idonea: le opere che qui ammiriamo, come tutta la sua produzione fotografica, sono stampate su carta baritata.
Una grande cura la sua, che dalla tecnica rimbalza prontamente ai contenuti, le sue immagini non ci rendono il gesto cristallizzato nella sua perfezione formale, ma colgono l’essenza della danza che è azione e comunicazione. In molte interviste Emanuela Sforza ha ribadito infatti che per lei fotografare è esternare il suo amore per l’arte e per chi la crea: “La mia fotografia è un atto d’amore”.
Mirta Carroli
Info: La danza scultura del corpo. Mostra fotografica di Emanuela Sforza
Immagini in alto: Paolo Bortoluzzi
Luciana Savignano in “Ce que l’amour me dit”, coreografia di Maurice Béjart
Luciana Savignano – Daniel Lommel in “Duo – I vincitori”, coreografia di Maurice Béjart
Luciana Savignano in “Bolero”, coreografia di Maurice Béjart
Carolyn Carlson in “Le Trio”, coreografia di Carolyn Carlson
Emanuela Sforza