08 Mag Il Perugino: la spiritualità francescana nelle sue pale a Fano
Fra’ Giancarlo Mandolini anticipa per la nostra redazione un ampio stralcio del suo prossimo libro “Il Perugino a Fano: per una rilettura francescana”. Nel suo nuovo lavoro, che sarà pubblicato a giorni, narra le vicende umane ed artistiche, strettamente collegate all’ambito storico, che portarono a Fano due pale del Perugino, oggi conservate nella chiesa di Santa Maria Nuova. Si tratta di splendide rappresentazioni di quella forte spiritualità francescana che illuminò quegli anni e che, con semplicità e nitida eleganza, conservano una rara e struggente capacità di narrare il sacro con perfetta grazia e umana devozione. Alcuni hanno insinuato, vista tanta perfezione, che ci sia anche stata la mano di Raffaello, di cui Il Perugino fu maestro. Ma questo dubbio nulla toglie a tanta bellezza. L’audiointervista Loredana Cinti a Mandolini, è una lettura emozionale delle due splendide pale.
“Perché ancora scrivere su Pietro Vannucci, detto il Perugino?
Le motivazioni sono molteplici e diverse: la prima nasce dall’ammirazione che le pale d’altare, conservate a Santa Maria Nuova di Fano, hanno sempre suscitato in me.
La seconda nasce dal desiderio di offrire una lettura razionale e veritiera delle due tavole dipinte senza dimenticare il contesto in cui sono state realizzate e la committenza che le ha sollecitate.
A Santa Maria Nuova i Frati minori sono presenti dal 1519. Nel ‘300 avevano eretto un oratorio a Santa Maria del Metauro, che hanno dovuto abbandonare per trasferirsi a Santa Maria Nuova in San Lazzaro, a poca distanza dalla città. I Frati minori dell’Osservanza del ‘400 invitarono due grandi pittori il Giovanni Santi (1440-1468) e Pietro Vannucci (1450-1523) a ornare con le loro opere la nuova chiesa: il primo dipinse su tavola La Visitazione e il secondo L’Annunciazione e La Madonna col Bambino Gesù e i santi.
Ma purtroppo a causa delle soldataglie che imperversavano intorno alla città di Fano, l’Osservanza francescana chiese ed ottenne di poter erigere un convento all’interno della città per vivere in pace. I monaci camaldolesi di Montegiove, che gestivano la parrocchia di San Salvatore, accolsero volentieri i frati. Nel trasloco i francescani trasferirono nella nuova residenza le tavole dipinte dal Perugino e da Giovanni Santi, il coro mirabilmente intarsiato da Antonio e Andrea Barili di Siena, e vollero conservare la stessa denominazione della precedente dimora: Santa Maria Nuova.
Le tavole dipinte dal Perugino
Premetto alcune domande che offrono la possibilità di comprendere il messaggio di una tavola dipinta:
– Quali sono le motivazioni per cui un artista si accinge a dipingere un’Annunciazione?
– Perché in una chiesa francescana è presente l’immagine di una Madonna coronata da tanti santi?
– E perché quei santi e non altri?
– E che senso ha la Pietà descritta nella lunetta sopra un quadro dedicato alla Vergine Maria e alla sua maternità?
Il segreto è nel rapporto tra la committenza e l’artista, tra la spiritualità dell’Osservanza e la sensibilità del pittore.
I frati, desiderando esprimere attraverso l’arte la loro spiritualità, indicano all’artista il tema che dovrà sviluppare e i personaggi che dovranno essere presenti.
La spiritualità francescana ha due elementi base: il Cristo sofferente (patiens) e la sua madre poverella.
Non dimentichiamo che nel quattrocento/cinquecento nasce l’Umanesimo che trova le sue due radici nell’arte e cultura pagana cercando di sposarla con l’esperienza cristiana.
Ricordando però che i primi vagiti dell’Umanesimo sono da riferirsi a San Francesco d’Assisi che ha esaltato l’umanità di Cristo: dal Christus regnans si passa dal Christus patiens. È il Cristo sofferente, umanizzato nel suo dolore, che viene posto in evidenza e amato.
Vediamo i dipinti in particolare.
L’Annunciazione
L’Annunciazione, attualmente, è incastonata nel secondo altare di sinistra della chiesa ed è memoria dell’evento descritto dall’evangelista Luca.
La Vergine è posta in primo piano: l’angelo Gabriele è inginocchiato davanti alla giovane donna. Dopo averla salutata e definita Piena di grazia (Lc 1,28), le propone la maternità divina: Ecco concepirai e partorirai un figlio, sarà grande e Figlio dell’Altissimo (Lc 1,35).
La luce, che illumina la pala, proviene da sinistra e si diffonde nello splendore dell’ampio spazio dedicato al cielo terso e alle dolci colline dell’Umbria e delle Marche.
In alto, in un medaglione d’oro, coronato da putti angelici, si affaccia il Padre celeste che si presenta rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto (Sal 103,1).
È un tassello di paradiso.
La Madonna in trono e i santi
Questa tavola dipinta è più ampia della precedente ed è stata realizzata circa nove anni dopo l’Annunciazione.
Attualmente è inserita nel terzo altare a destra. La Vergine Maria è seduta in trono con in braccio il bambino Gesù, circondata e onorata dai santi: sono presenti Francesco d’Assisi, Ludovico d’Angiò, Giovanni Battista, Maria Maddalena, Pietro e Paolo.
Tra sei santi, due sono Frati minori, due penitenti e due apostoli. È la committenza che ha voluto presenti questi santi. Perché?
Francesco è il padre del francescanesimo; Ludovico d’Angiò è il francescano, figlio di Carlo d’Angiò re di Napoli, a cui venne affidata la diocesi di Tolosa; Giovanni Battista e Maria Maddalena sono i penitenti tanto amati dai Frati minori, perché anch’essi sono penitenti; Pietro, capo della chiesa e conosciamo benissimo come Francesco abbia giurato obbedienza a papa Onorio e ai suoi successori e Paolo, l’evangelizzatore delle genti, è esemplare per la predicazione dell’Osservanza.
La loro presenza ha una motivazione francescana.
La Pietà
Sopra la pala d’altare, quasi a completamento della medesima, è posizionata una cimasa che propone la contemplazione della Pietà.
Perché questa Pietà sopra la pala d’altare?
Nell’opera, attraverso una visione unitaria, viene esposta una interdipendenza tra il Bambino che la Vergine Maria tiene sulle sue ginocchia e il Cristo morto trattenuto amorevolmente tra le braccia di Giuseppe di Arimatea: il Bambino sostenuto dalla Vergine madre e il Cristo della Pietà sono la stessa persona: si passa dalla fragilità del primo anno di vita del Figlio di Dio al termine della vita terrena di Cristo; dalla debolezza della carne del Bimbo al corpo straziato dalla crocifissione.
La Predella mariana
Infine la predella mariana, sita sotto la pala d’altare. Nello sviluppo di temi mariani, può essere interpretata come un Magnificat ed è facile scorgere in essa una particolare unità artistica, evangelica, dottrinale e teologica.
La predella narra le fasi più importanti della vita di questa Donna che ha dichiarato di essere la Serva del Signore.
Il suo grembo è diventato il grembo di Dio. San Francesco la invocava come tabernacolo di Dio e vestimento del Redentore.
La predella si sviluppa in cinque comparti: la Natività della Vergine Maria, la Presentazione al tempio, il Matrimonio con san Giuseppe, l’Annunciazione e L’Assunzione al cielo.
La grande devozione di Francesco d’Assisi e dei suoi figli verso Maria è da tutti riconosciuta. Come non ricordare le appassionate preghiere dell’assisiate? Come dimenticare Giovanni Duns Scoto e tutta la scuola teologico-francescana che, per secoli, ha difeso il privilegio mariano dell’Immacolata Concezione? Ancor oggi i francescani la onorano con l’appellativo di Regina Ordinis Minorum.
Si tratta di un vero capolavoro. Molti storici dell’arte l’attribuiscono al giovanissimo Raffaello, che apprendeva l’arte del dipingere dal Perugino”.
Audiointervista di Loredana Cinti a Fra’ Giancarlo Mandolini:
{s5_mp3}images/stories/mp3/il-perugino-fra-g-mandolini.mp3{/s5_mp3}