04 Apr Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento. Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, Roma
Fino dal 25 agosto 2024
DA PADRE A FIGLIO: L’ARTE È GIÀ NEL DNA?
Una vicenda familiare ingarbugliata in mostra? Una battaglia per paternità e riconoscimento reciproco? Certamente no! Però un confronto, molti dubbi, emozioni forti e stupore di sempre nuove scoperte questo sì. Filippo e Filippino Lippi per la prima volta insieme e molto ravvicinati si narrano, ma non si confessano; anzi si celano l’un l’altro tra mille bizzarie e spettacolari prove d’artista. Ai Musei Capitolini nelle sale di Palazzo Caffarelli, ogni mistero affettivo e familiare si dipana in un percorso espositivo di struggente bellezza. Vasari descrisse Filippo Lippi come “venereo”, follemente innamorato delle donne.“Et era tanto perduto dietro a questo appetito, che all’opere prese da lui quando era di questo umore, poco o nulla attendeva”. Questo costrinse Cosimo de’Medici a chiuderlo letteralmente nella sua residenza per indurlo a terminare una commissione scongiurando eventuali distrazioni che lo avrebbero distolto dalla sua attività di pittore dall’eccezionale talento. Ma Filippo Lippi sarebbe persino riuscito ad apparecchiare una rocambolesca fuga calandosi con un lenzuolo dalla finestra per correre dall’amata di turno. Se è vera poi l’altra testimonianza dell’autore delle Vite, che vuole l’artista catturato dai Mori sul mare di Ancona mentre trascorreva una giornata in barca, per poi essere liberato dopo aver dipinto a carboncino l’immagine del loro signore, Lippi ci dà tutta l’impressione di aver davvero vissuto un’esistenza avventurosa. Non così il figlio Filippino, meno eroico ed ardito, ma altrettanto protagonista di voli geniali e trucchi nel disegno. Filippo mentre si trovava a Prato a dipingere gli affreschi per il coro della Pieve, sedusse e rapì Lucrezia Buti, la bella diciassettenne del convento della città, dal cui amore nacque Filippino Lippi, il secondo gigante di questa storia avvincente. Ci sono quindi tutti gli ingredienti per un feuilleton in piena regola che però non impedì a Fra’ Filippo Lippi di essere – maestro assoluto della stagione dorata del Rinascimento fiorentino, che amava la vita e nella cui pittura racchiuse l’idea monumentale della storia cristiana e di immagini votive che traevano la forza spirituale da una narrazione quanto più vicina possibile al vero, al quotidiano e al creato. Tra i due, padre e figlio, irrompe maestoso il Botticelli- Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, che appunto era stato discepolo presso Filippo Lippi. Da lui aveva appreso i rudimenti di una pittura di linea e colori e un’idea narrativa fatta di figure in pose piene di grazia. A sua volta Filippino si forma nella bottega di Botticelli, di lui poco più anziano, dove acquisisce anche parte degli elementi stilistici del padre. Questa triplice confluenza spiega l’uniformità di un linguaggio stilistico che si manifesta nella pittura fiorentina del Quattrocento, nonostante questi artisti dalla personalità unica e spiccata mantengano ciascuno la propria peculiarità espressiva. L’uso del colore dà consistenza alle figure umane, la grazia scaturisce dai panneggi. Dopo Firenze, dove si trova dal 1481, arrivano gli incarichi importanti, come i tondi per il Palazzo Comunale di San Gimignano, ospiti d’eccezione in mostra, esempio lampante di uno stile maturo capace di creare una nuova intimità monumentale in spazi quotidiani dove il divino irrompe all’improvviso attraverso la perfezione della luce.
Info: Musei Capitolini
Didascalia dell’immagine in alto: Filippo Lippi, Madonna Trivulzio o Madonna dell’Umiltà con angeli e santi carmelitani, 1429-1432
Filippino Lippi, Angelo Annunciante, 1483-84
Filippino Lippi, Vergine Annunciata, 1483-84
Filippo Lippi, Madonna col Bambino, Angeli, Santi e il donatore, 1432 ca.
Filippino Lippi, Testa di angelo nimbato di profilo